“Sono un violinista e un pianista. Sono un torero, un politico, un romanziere e un mago”

Io sono anzitutto un buon giornalista e così mi arrabbiai. Nel buio della sala di proiezione gli dissi: “Hemingway, questa roba fa schifo!”. Hemingway si arrabbiò e mi tirò un cazzotto. Io sono anzitutto un buon boxeur. Risposi con un cazzotto, altri si misero a fare a cazzotti, e così accadde questa splendida cosa di gente che faceva a cazzotti nel buio, mentre sullo schermo la gente moriva e le mitragliatrici facevano ta ta ta ta! In seguito a questo io e Henry diventammo violentissimi amici. Ci si incontrava in Spagna o a Venezia, si parlava di boxe, di tori, di rugby perché io sono anzitutto un giocatore di rugby: mai di letteratura perché io sono anzitutto un letterato. 

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Spighe e ceci

Lo shibboleth (dall’ebraico spiga, ma anche fiume) indica una parola che serve a comprovare l’appartenenza a un gruppo linguistico: è di solito una parola molto difficile da pronunciare per chiunque parli una lingua diversa, ed è quindi utilizzata per separare gli “stranieri” da coloro che invece appartengono al gruppo (linguistico).

L’origine di questo passe-partout è spietata.

Uno shibboleth fu usato per la prima volta nel biblico Libro dei Giudici: sconfitti dagli abitanti di Galaad, gli efraimiti tentarono di attraversare il fiume Giordano per mettersi in salvo. Per scovarli, i gaaladiti costrinsero chiunque gli si parasse davanti a a pronunciare la parola Shibboleth, e che gli efraimiti pronunciavano con il suono [s] iniziale, invece che con [ʃ]. Se la persona fermata diceva “sibboleth” anzichè “scibboleth”, allora si trattava di un efraimita, e andava ucciso.

La storia annovera moltissimi casi di shibboleth: i ciciri, ceci in siciliano, durante i Vespri Siciliani del 1282; perejil, prezzemolo in spagnolo, nella Repubblica Dominicana del dittatore Trujillo nel 1937; lollapalooza, richiesta dagli statunitensi ai giapponesi, nella seconda Guerra Mondiale.