Colombre di Dino Buzzati

[…] «Eccomi a te, finalmente» disse Stefano. « Adesso, a noi due! » E, raccogliendo le superstiti energie, alzò l’arpione per colpire. «Uh» mugolò con voce supplichevole il colombre «che lunga strada per trovarti. Anch’io sono distrutto dalla fatica. Quanto mi hai fatto nuotare. E tu fuggivi, fuggivi. E non hai mai capito niente» «Perché?» fece Stefano, punto sul vivo. «Perché non ti ho inseguito attraverso il mondo per divorarti, come pensavi. Dal re del mare avevo avuto soltanto l’incarico di consegnarti questo». E lo squalo trasse fuori la lingua, porgendo al vecchio capitano una piccola sfera fosforescente. Stefano la prese fra le dita e guardò. Era una perla di grandezza spropositata. E lui riconobbe la famosa Perla del Mare che dà, a chi la possiede, fortuna, potenza, amore, e pace dell’animo. Ma era ormai troppo tardi.«Ahimè!» disse scuotendo tristemente il capo.«Come è tutto sbagliato. Io sono riuscito a dannare la mia esistenza: e ho rovinato la tua». « Addio, pover’uomo » rispose il colombre. E sprofondò nelle acque nere per sempre. Due mesi dopo, spinto dalla risacca, un barchino approdò a una dirupata scogliera. Fu avvistato da alcuni pescatori che, incuriositi, si avvicinarono. Sul barchino, ancora seduto, stava un bianco scheletro: e fra le ossicine delle dita stringeva un piccolo sasso rotondo.Il colombre è un pesce di grandi dimensioni, spaventoso a vedersi, estremamente raro. A seconda dei mari, e delle genti che ne abitano le rive, viene anche chiamato kolomber, kahloubrha, kalonga, kalu-balu, chalung-gra. I naturalisti stranamente loignorano. Qualcuno perfino sostiene che non esiste.

Senza-volto, “mostro” ne La Citta incantata di H. Miyazaki

How to kill my mother with a ballpoint pen. Or not.

Nel 1991 uno studente olandese va a pranzo dalla madre, come tutte le domeniche. Trova però la donna a terra, priva di vita.

L’autopsia conferma che la morte della donna è stata provocata da una comune penna a sfera, penetrata nell’orbita perforando l’occhio e attraversando l’encefalo sino al lobo posteriore sinistro. La penna risulta intatta.

Come può essere successo? La polizia pensa a un omicidio, il caso viene suggestivamente appellato come «il delitto della penna a sfera» e le indagini sono indirizzate soprattutto nei confronti dei familiari della donna, senza però alcun esito concreto.

Dopo cinque anni, il portiere di un campus universitario ricorda di alcuni studenti che conversavano di un delitto perfetto. Per realizzarlo si poteva usare una balestra ed una penna a sfera in luogo del dardo. Tra i ragazzi c’era anche il figlio della donna uccisa.

Per la polizia la conferma “definitiva” giunge dalla psicologa che seguiva il giovane: quest’ultimo le aveva confessato di aver ucciso la madre con la penna a sfera. Il ragazzo viene quindi processato nell’ottobre 1995 e condannato a 12 anni di carcere. Ma c’è un colpo di scena.

Sul caso indaga anche gruppo di medici legali olandesi, con una serie di esperimenti mediante crani di maiali. Con diverse balestre lanciano penne a sfera come dardi, per poi misurarne i risultati. In tutti i casi, una volta colpito il bersaglio e penetrata nell’orbita, la cannuccia della penna si blocca per attrito, e il refill si sfila di qualche centimetro proseguendo per inerzia la sua corsa.

Ma nel caso della donna trovata morta nel maggio 1991 la penna penetrata nel cranio ha il refill ben contenuto dalla cannuccia. Significa che la penna non può essere stata lanciata da una balestra.
Il ragazzo ha mentito, evidentemente per una patologia psichiatrica che lo rende instabile e capace di autoaccusarsi di fatti non commessi.

Nel gennaio 1996 il giovane  viene prosciolto, il processo si conclude e torna a farsi strada l’ipotesi dell’incidente casuale.

tratto da How to Kill with a Ballpoint: Credibility in Dutch Forensic Science, Roland Bal, 2005 

G. Courbet, Autoritratto o uomo disperato (circa 1843)

Sex and the Society

Molti conoscono le silografie Ukiyo-e (letteralmente “immagini del mondo fluttuante”), fiorite durante il periodo Edo (1603-1868) e destinate prevalentemente alla popolazione meno abbiente del Giappone, visto il loro prezzo contenuto. I soggetti prediletti dagli artisti di Ukiyo-e erano i paesaggi: famose sono le 36 vedute del monte Fuji o la Grande Onda di Hokusai. Altrettanto rappresentate, però, erano le scene di vita cittadina e, tra queste, molto popolari erano quelle ambientate nelle case di piacere.

Quest’ultimo genere di silografie prese il nome di shunga, cioè “pittura di primavera“, per indicare eufemisticamente il rapporto sessuale. Non si conosce con esattezza lo scopo di queste opere: talora erano utilizzate dalle prostitute per illustrare i “servizi” offerti oppure per far eccitare il cliente. In altri contesti, potevano servire per l’educazione dei giovani uomini o più semplicemente per il divertimento della popolazione, tanto che spesso gli shunga venivano raccolti in album.

In alto, Il sogno della moglie del pescatore di Katsushika Hokusai, 1814.

In basso, invece, American Gothic (1930), uno dei dipinti più parodiati dell’arte americana, che rappresenta per Grant Wood la società americana puritana dell’Ottocento.

Bias

Egli m’ha vilipeso in tutti i modi, e una volta m’ha impedito di concludere un affare per un milione.

Ha goduto per le mie perdite e ha dileggiato i miei guadagni, ha disprezzato la mia razza, ha intralciato i miei buoni affari, ha allontanato da me i miei buoni amici e mi ha aizzato contro i nemici!

E tutto questo per quale ragione? Perché sono ebreo! E dunque?

Non ha forse occhi un ebreo? Non ha mani, organi, membra, sensi, affetti e passioni?Non si nutre egli forse dello stesso cibo di cui si nutre un cristiano?

Non viene ferito forse dalle stesse armi?Non è soggetto alle sue stesse malattie?Non è curato e guarito dagli stessi rimedi?E non è infine scaldato e raggelato dallo stesso inverno e dalla stessa estate che un cristiano?Se ci pungete non versiamo sangue, forse?E se ci fate il solletico non ci mettiamo forse a ridere?Se ci avvelenate, non moriamo?E se ci usate torto non cercheremo di rifarci con la vendetta?

Se siamo uguali a voi in tutto il resto, dovremo rassomigliarvi anche in questo.

Se un ebreo fa un torto a un cristiano, a che si riduce la mansuetudine di costui? Nella vendetta. E se un cristiano fa un torto a un ebreo quale esempio di sopportazione gli offre il cristiano? La vendetta.

La stessa malvagità che voi ci insegnate sarà da me praticata, e non sarà certo difficile che io riesca persino ad andare oltre l’insegnamento.

Shylock, Il Mercante di Venezia, W. Shakespeare, atto I scena III.

Perdersi tra i bamboo

Labirinto della Masone di Franco Maria Ricci, Fontanellato – Parma

Ho scordato gli uomini che fui; seguo l’odiato
sentiero di monotone pareti
ch’è il mio destino. Dritte gallerie
che si curvano in circoli segreti,
passati che sian gli anni. Parapetti
in cui l’uso dei giorni ha aperto crepe.
Nella pallida polvere decifro
orme temute.

Tratto dalla poesia Il labirinto di J.L. Borges